Tradizione scientifica di riferimento

Tradizione scientifica di riferimento

 

I riferimenti scientifici principali di IPOL sono l’opera di Sigmund Freud e l’insegnamento di Jacques Lacan. A Sigmund Freud dobbiamo la scoperta dell’inconscio e l’invenzione della psicoanalisi come trattamento del legame che consente al soggetto di fare esperienza della realtà dell’inconscio. L’influenza di Sigmund Freud nella cultura occidentale e nella pratica clinica è universalmente riconosciuta. La scoperta dell’inconscio e del potere terapeutico della parola hanno esercitato un’influenza fondamentale su tutte le teorie e le pratiche psicoterapeutiche sviluppatesi successivamente. La sua pratica della psicoanalisi e la sua elaborazione teorica furono in un primo tempo solitarie. Fu a partire dal 1902 che cominciò a formarsi intorno a lui un gruppo che costituì la prima Società psicoanalitica di Vienna. Nel 1909 fu fondata la prima importante rivista, lo Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologiche Forschungen. Nel 1910 nacque l’Associazione Psicoanalitica Internazionale.

La psicoanalisi, per restare fedele alla lettera della scoperta freudiana, si è rinnovata nel tempo “per raggiungere nel suo orizzonte la soggettività della sua epoca”, come dice Lacan nel 1953. Questo è accaduto grazie al contributo di molti psicoanalisti venuti dopo Freud, che hanno fatto luce su nozioni, concetti e aspetti della pratica, come la pulsione di morte introdotta nell’Al di là del principio di piacere (Freud, 1920), i trattamenti psicoanalitici con pazienti psicotici e con i bambini, la fine dell’analisi, la questione del femminile.
I contributi di Melanie Klein, Karl Abraham, Donald W. Winnicott, Wilfred Bion, su alcune di tali questioni sono stati importanti. Jacques Lacan li ha utilizzati in momenti diversi del suo insegnamento, a partire dal periodo da lui definito del suo ritorno a Freud.

Nato a Parigi nel 1901, Jacques Lacan, dopo aver ricevuto una formazione classica, intraprese gli studi di medicina, per poi specializzarsi in psichiatria. Dapprima analista membro della Société Psychanalityque de Paris poi, nel 1953, della Société Française de Psychanalyse, fondò nel 1964 l’Ècole Française de Psychanalyse, che pubblicò la rivista Scilicet.

Fin dal 1953 Lacan tenne un Seminario annuale rivolto agli psicoanalisti in formazione ma aperto al pubblico, e delle “conversazioni con pazienti”, pratica ereditata da Clérambault ma rinnovata a partire dall’esperienza della conduzione delle cure psicoanalitiche. Nel 1980, un anno prima della morte, Lacan sciolse la sua Scuola, lasciando la sua eredità alla Fondation du Champ freudien e designando Jacques–Alain Miller come curatore dell’edizione dei suoi Seminari.
Il ritorno a Freud operato da Jacques Lacan è consistito principalmente in un ritorno alla lettera dei testi freudiani e all’etica della pratica psicoanalitica la cui prima finalità è l’esperienza dell’inconscio. La sua lettura critica del testo freudiano ha reso possibile la valorizzazione e l’attualizzazione della scoperta freudiana. L’introduzione dell’oggetto a, il cui precursore è l’oggetto perduto freudiano, permette già negli anni ’60 di ripensare l’esperienza psicoanalitica a partire dall’economia di godimento. Ne consegue la possibilità di una messa in forma logica della fine dell’analisi, così come di una chiarificazione della questione della sessuazione e in particolare del godimento femminile come godimento Altro.

La formazione dello psicoanalista e l’insegnamento della psicoanalisi nell’orientamento di Jacques Lacan

Parallelamente alla ricerca clinica, Freud si pose lungo tutto l’arco della sua vita la questione della formazione di altri psicoanalisti e della trasmissione della psicoanalisi, evidenziando la singolarità dell’esperienza analitica e le difficoltà specifiche relativamente all’insegnamento di questa a degli allievi. Le difficoltà che Freud metteva in rilievo erano legate fondamentalmente al fatto che la psicoanalisi non si può imparare sui banchi di scuola ma, in quanto prassi, richiede che la formazione dei candidati psicoanalisti passi innanzi tutto attraverso l’analisi personale.

Nel 1915, in occasione della prima di una serie di lezioni tenute all’Università di Vienna, Freud si rivolse agli studenti aprendo il suo discorso sulle “[…] imperfezioni inevitabilmente connesse con l’insegnamento della psicoanalisi e le difficoltà che si oppongono all’acquisizione […] di un giudizio personale in proposito”¹. Questo perché la clinica psicoanalitica, a differenza della clinica medica, “[…] si basa innanzitutto su se stessi, mediante lo studio della propria personalità. […] Si progredisce molto di più se ci si fa analizzare da un analista esperto, se si esperimentano gli effetti dell’analisi sul proprio io cogliendo simultaneamente l’opportunità di carpire al proprio analista le più sottili regole tecniche del procedimento. Questo ottimo metodo, naturalmente, è accessibile sempre soltanto a una persona per volta, mai ad un intero corso”².

Fino alla fine Freud mantenne la stessa convinzione. Nel 1926 scrisse che per coloro che volevano “apprendere la psicoanalisi per utilizzarne i metodi e i criteri” non era sufficiente attenersi “ai risultati consacrati nella letteratura psicoanalitica. Essi debbono imparare a comprendere l’analisi per quell’unica via di cui disponiamo, e cioè sottoponendosi essi stessi ad analisi”³.
Contemporaneamente, Freud non ha mai trascurato l’importanza di insegnamenti teorici che affiancassero e accompagnassero il percorso formativo svolto nell’analisi personale, fino ad immaginare quale potesse essere l’ideale curriculum di studi di una ipotetica facoltà universitaria di psicoanalisi.

Già con Freud, quindi, si mette in rilievo come la formazione psicoanalitica metta in gioco due saperi differenti: l’uno è un sapere singolare che si estrae e si produce come effetto della propria psicoanalisi personale, a partire da un lavoro sulle proprie formazioni inconsce che conduce ad individuare, al suo termine, quel “lembo di reale”, causa del proprio desiderio e di un godimento singolare. L’altro è un sapere depositato nell’Altro, non solo nei testi di Freud, negli scritti di Lacan e nel vasto campo della letteratura psicoanalitica, ma anche nelle discipline e nelle teorie di altri campi del sapere umano.

La qualità della formazione analitica tuttavia deriva fondamentalmente dal grado di finitezza a cui ciascun candidato ha portato la propria analisi personale. È in questo senso che Freud affermava, a più riprese, che ciascun analista è in grado di condurre il paziente che ha in cura fino al punto in cui egli stesso è arrivato a superare le resistenze nella sua analisi.
Per mantenere e valorizzare la distinzione e l’articolazione fra questi due ambiti della formazione, Jacques Lacan fondò la Scuola di Psicoanalisi, la cui finalità è vegliare e verificare la formazione propria all’esperienza di psicoanalisi personale, mentre le Sezioni Cliniche e le Antenne del Campo freudiano, separate dalla Scuola ma correlate con essa, hanno come obiettivo la trasmissione teorica, svolta attraverso gli insegnamenti, le supervisioni e la discussione clinica dei casi.
Anche per Lacan, dunque, la formazione dell’analista avviene lungo due assi: l’uno concerne l’“essere” dello psicoanalista e l’altro riguarda il “sapere” dello psicoanalista, l’uno rimanda all’analisi personale ed è affidata alle Scuole di Psicoanalisi, l’altro avviene secondo il modello di un insegnamento a carattere post-universitario.
Questi due assi corrispondono anche a due differenti dimensioni temporali: per quanto riguarda gli insegnamenti, essi procedono secondo un carattere lineare con un inizio e un termine definibili in anticipo, mentre l’esperienza dell’analisi è scandita dai tempi soggettivi propri a ciascuno, la cui valutazione può essere solo fatta a posteriori.

Sul versante dell’analisi personale, Lacan affermava che essa non è un processo interminabile e che l’analista è il prodotto di un’analisi portata a termine. Il passaggio da analizzante ad analista avviene per Lacan intorno ad un resto non ulteriormente elaborabile dalla parola, resto che si rivelerà, a posteriori, ovvero nel momento conclusivo, essere stato il perno attorno a cui l’analisi è ruotata dall’inizio alla fine.
Lo psicoanalista svolge la sua funzione nella cura finché l’analizzante arriva a lambire quel resto di godimento che lo concerne al cuore del suo sintomo, venendo così a sapere qualcosa di ciò che vi è di più singolare nel proprio modo di fare legame con l’Altro. Un’analisi freudiana ad orientamento lacaniano punta a trattare il godimento, che causa le resistenze e i momenti inerziali presenti in ogni analisi e che sta al cuore del sintomo del soggetto, attraverso la dimensione simbolica della parola e del legame.

La comunità analitica riunita nel collettivo Scuola di Psicoanalisi è l’ambito nel quale, uno psicoanalista può domandare di formalizzare e rendere conto pubblicamente del punto conclusivo raggiunto nella propria analisi e dalla quale può ricevere la ratifica di tale conclusione, quando se ne constatino le condizioni.

La Scuola di Psicoanalisi, inoltre, è il luogo di riferimento per quanto riguarda la pratica della supervisione o controllo nonché la discussione e l’elaborazione della pratica clinica. Per quanto riguarda la formazione teorica, il sapere si può organizzare in insegnamenti di carattere post-universitario aventi un loro preciso programma suddiviso in materie di insegnamento, orari, luoghi, esami di valutazione.

Lacan aveva affidato questa diversa dimensione del sapere alla Sezione Clinica di Parigi; successivamente molte Sezioni Cliniche e Antenna, costituite con la medesima struttura, sono state aperte in diversi luoghi in Francia e in altri Paesi dell’Europa e del mondo. L’Antenna clinica di IPOL tiene conto di questa struttura. In questi luoghi si svolgono insegnamenti sulle principali tematiche teoriche e cliniche, in particolare attraverso la lettura e il commento di testi, l’esposizione e il commento di casi clinici, il dibattito intorno all’attualità della pratica clinica.


¹S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi, (1915-17), in Opere, Bollati Boringhieri, Torino 1976, vol. VIII, p. 199.
²Ibidem, p. 203.
³S. Freud, Il problema dell’analisi condotta da non medici, (1926), in Opere, Bollati Boringhieri, Torino 1978, vol. X, p. 414.

Jacques Lacan, i post freudiani e la cultura del tempo

Dalla lettura degli Scritti e dei Seminari, parte dei quali ancora inediti, si coglie come Jacques Lacan fosse un attento lettore e studioso di quanto altri psicoanalisti andavano elaborando sui concetti fondamentali della psicoanalisi. L’approccio critico da lui utilizzato rispetto all’opera dei colleghi, gli consentiva di metterne in luce gli elementi di forza così come quelli da lui considerati di maggiore debolezza, nonché di prendere a sua volta posizione nel dibattito scientifico.
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