La psicoanalisi con Lacan
La psicoanalisi con Lacan
Rosa Elena Manzetti
Uno degli apporti fondamentali di Lacan alla teoria della psicoanalisi è che la psicoanalisi fa legame sociale, che lui definisce discorso, e che tale legame ha un posto determinante nella soggettività contemporanea, per cui non c’è alcuna ragione di tenere la psicoanalisi segregata nello studio dello psicoanalista.
La psicoanalisi secondo l’insegnamento di Lacan introduce un taglio, una discontinuità, con il discorso psichiatrico che legge il sintomo come un segno, segno di una malattia su cui si tratta di intervenire al fine di restituire un’integrità. In modo diverso anche la psicologia eredita questa concezione e considera in generale che l’integrità di cui si tratta sia caratterizzata dall’essere adattato ai canoni considerati normali della società in cui si vive.
La psicoanalisi sin dalla sua scoperta da parte di Freud, e poi con Lacan, non ha niente a che fare con questa concezione. La psicoanalisi è innanzi tutto una pratica di parola tra due persone in presenza, che occupano posizioni differenti, quella di analizzante e quella di analista, che non sono determinate né dai loro titoli né dalle loro competenze e/o conoscenze, né dal supporto su cui accomodano i loro corpi, poltrona o divano. Le posizioni che essi occupano sono piuttosto determinate dal modo in cui si annoda tale forma particolare di discorso, di legame.
Dalla parte dell’analista la pratica della psicoanalisi si sostiene su una ipotesi di base: c’è dell’inconscio la cui condizione è il linguaggio. Esso, l’inconscio, si produce per gli esseri parlanti nel discorso che rivolgono a un Altro. La sottomissione al linguaggio ha come effetto del soggetto, ma non senza una perdita. Ciascuno sperimenta il fatto che non tutto è linguaggio, che sottomettere il proprio corpo al setaccio del linguaggio è in sé un godimento e allo stesso tempo comporta il sacrificio di una parte del proprio godimento alienato al godimento dell’Altro (infatti il corpo di un bambino per esempio è sicuramente un oggetto libidicamente investito dall’Altro). Per cosa tale sacrificio? Per guadagnare un’identità di corpo. Un corpo che non ci appartiene interamente, tanto più che porta i segni dell’Altro e che spesso ci appare come estraneo, fuori dal nostro controllo. Il fatto che il corpo sia marcato dall’Altro simbolico ci permette di accettare di disporre il nostro corpo in una serie di altri corpi, facendo diventare il nostro corpo un organo di relazione e costituendoci come membri di un insieme.
Il corpo è il luogo prediletto del discorso dell’Altro, per cui il ‘mistero del corpo parlante’ , come lo definisce Lacan, è l’inconscio in quanto annodamento del discorso dell’Altro con il corpo dell’essere parlante.
Ma non c’è soltanto il godimento che dipende dall’assoggettamento del corpo all’Altro, al linguaggio, c’è anche un godimento che si produce al di fuori del corpo significante. Esso si condensa su un oggetto che resta ai margini del godimento alienato al linguaggio. Questo oggetto fuori corpo, questo oggetto residuale, questo oggetto che incarna ciò che è perduto, ha una funzione vitale, poiché assicura la giunzione tra il soggetto e il corpo.
Oggi il discorso della scienza cerca di allontanare le barriere dell’inaccessibilità condensando il godimento su qualcosa che recuperi quello che è fuori corpo, degli oggetti proposti come risolutori di una perdita strutturalmente irrecuperabile.
In questo contesto di disincarnazione del soggetto, che si ritrova posto come oggetto tra gli oggetti del mercato, la psicoanalisi non ha la funzione di rispondere al discorso sociale, ma prima di tutto di interrogare il saper fare dello psicoanalista di fronte a delle domande formulate nei termini del discorso del mercato.
Il soggetto viene spesso a deporre la sua insoddisfazione dallo psicoanalista con la domanda di trasformarla in un più di godere, di capitalizzare insomma il suo godimento. Aspetta che lo psicoanalista si metta al lavoro, mentre lui vorrebbe mettersi a riposo come soggetto rappresentato dal significante. In un certo senso viene a domandare all’analisi, presa come ultima spiaggia, ad esigere dall’analisi che ciò che ha perduto gli sia restituito. In questo non c’è niente di nuovo, semmai c’è qualcosa di ancora più rinforzato di altri tempi.
Qui diventa indispensabile l’atto dello psicoanalista per spostare l’amore riversato sul più-di-godere, che non può che incontrare la delusione, verso l’amore del sapere inconscio. L’investimento libidico situato spesso oggi sugli oggetti presi come indicatori del valore di quel soggetto nel sociale, deve essere spostato all’interno del dispositivo analitico in cui l’analista funge da facilitatore del sapere inconscio. Per questo l’analista manovra il transfert in modo da presentificare l’incognita del desiderio del soggetto, introducendo così l’enigma dalla parte dell’inconscio cioè del corpo parlante.